MARIA RE – Ex presidente e mamma


Rappresento un gruppo di genitori di figli con disabilità gravi: persone che hanno pochissima autonomia personale e che necessitano di particolare cura. Ci siamo costituiti associazione ONLUS nel 2006.

Ci occupiamo di formazione, di progetti di autonomia – sollievo, di interventi a sostegno delle famiglie, collaboriamo con scuole di ogni ordine e grado per la realizzazione di progetti condivisi.
“Costruire Integrazione”: il termine integrazione, idealmente, in una società che accoglie, che si nutre e cresce umanamente proprio per l’originalità e le differenze dei singoli, non dovrebbe esistere.

In realtà, da sempre lo sconosciuto è anche il diverso e quindi è necessario utilizzare il vocabolo integrazione o addirittura inclusione, termine, quest’ultimo, che personalmente non amo; preferisco parlare di condivisione, di scambio reciproco, di essere fra gli altri e insieme agli altri.

Dall’essere genitori con figli fragili è nata l’esigenza di far sentire la nostra voce, che si esprime non solo come richiesta o denuncia ma, come proposta, perché crediamo di poter dare un contributo allo sviluppo di una cultura sensibile alla solidarietà, che mira alla crescita umana, che realizza una comunità che accoglie e ha cura di chi è, per motivi diversi, più fragile.

Chi sono i più fragili? I bambini, le persone con disabilità fisiche, le persone con problemi psichici, gli stranieri, gli anziani, le persone malate, i poveri, oggi in continuo aumento. La civiltà, l’umanità di un popolo si misura dal tipo di attenzione, dall’accoglienza e dalla cura che viene data alla persona. Non è uno slogan!

In ogni caso quanto affermiamo riguarda tutti noi, essere fragili fa parte dell’essere umano, ciascuno di noi fa i conti con la propria fragilità, i propri limiti, in varie situazioni della vita. Questi limiti aumentano nel momento in cui incontriamo la malattia o semplicemente il fatto di invecchiare, di essere anziani.

Come ogni genitore desideriamo che i nostri figli vivano e crescano nel contesto del territorio dove vivono, nel quotidiano. Vogliamo che le storie, le esperienze d’impegno e di svago, le relazioni con i coetanei e gli adulti siano condivise: a scuola, all’oratorio, nel quartiere.

E’ un diritto dei nostri figli!

Con questo intento, è da cinque anni, che in collaborazione con il Polo Civico di Redona, la Comunità di Redona, il Comune di Bergamo, partecipando ai bandi delle fondazioni e degli enti pubblici, abbiamo attivato un progetto di autonomia / sollievo.

Autonomia per i ragazzi che come i coetanei trascorrono un tempo ludico, libero, in un contesto che non sia la famiglia; sollievo per la famiglia che ha l’occasione di sperimentare il distacco dal proprio figlio più fragile e per questo più protetto. La famiglia riesce a vivere un tempo per sé, intesa come coppia o come genitore di altri figli che spesso godono ovviamente di meno attenzioni, meno cura, meno tempo.

E’ stato proprio nel contesto di questo progetto che è nata l’idea delle fotografie e della loro presentazione.

E’ accaduto durante un incontro con gli educatori che accompagnano e affiancano i nostri figli: sono persone valide, piene di risorse, desiderose di condividere un percorso con noi, consapevoli di quanta attenzione occorre, dotati della capacità di mettersi in gioco, disposti a superare i propri limiti, disponibili ad ascoltare chi parla senza parole e a cogliere il volere di chi non riesce a esprimerlo, disposti a mettersi al posto di chi sta loro di fronte, consapevoli che anche attraverso la cura della persona e la fisicità si crea relazione.

Le foto sono state anticipate da un ringraziamento da parte degli educatori a noi genitori: ringraziarci per l’opportunità offerta loro come operatori, di incontrare e condividere del tempo con i nostri figli!

Dall’enorme piacere di questo riscontro di pura e semplice umanità è nata l’idea di proporre il percorso fotografico che andrete a scoprire.

La scoperta, l’incontro e il vissuto degli educatori presenti in sala è stato colto dalla sensibilità di uno di loro attraverso una semplice “onesta” macchina fotografica analogica.

E’ un messaggio che va contro corrente, non c’è la volontà di esibire nessuno, non esiste il tornaconto economico o d’immagine, non c’é pietismo né autocelebrazione, non c’è pretesa artistica: c’è l’incontro e la scoperta di un’umanità profonda, viva, che alcuni giovani educatori vivono come opportunità di crescita personale e di gruppo.

E’ così… in questa affermazione, che spesso esce dalla bocca di noi genitori, sta l’accettazione incondizionata della persona, sta il riconoscimento dell’essere umano così com’è, sta il nostro amore di genitori, sta il diritto di essere e crescere con gli altri.

Il visitatore del percorso non è spettatore passivo, gli viene chiesto di mettersi in gioco, di decidere con un atto di volontà personale, di scostare manualmente i teli che oscurano le dodici fotografie.

Si è pensato di proporre il percorso presso lo spazio universitario di Scienze della Formazione, frequentato da giovani che studiano e si formano in ambito sociale e educativo, è un’occasione per seminare su un terreno fertile e probabilmente sensibile all’offerta di mettersi in gioco, disponibile alla scoperta, sollecito al porsi domande.

Lungo il percorso abbiamo allestito un “muretto di bavaglie” per aiutare il visitatore a visualizzare concretamente una delle necessità quotidiane della cura: vi sareste mai immaginati che una persona con disabilità in sette mesi utilizza 700 bavaglie? E’ semplicemente uno dei tanti bisogni concreti che fanno parte della cura di una persona che non è autonoma nel mangiare e che il semplice masticare e deglutire non è coordinato e automatico.

Inoltre, abbiamo voluto esporre alcuni libri scritti in simboli per sottolineare che l’incontro con persone che hanno una capacità parziale o nulla di comunicare verbalmente non è precluso. La modalità verbale non è l’unica possibile per entrare in relazione: al di là delle parole c’è la volontà di comunicare, attraverso gesti, mimiche facciali, sguardi, vocalizzi e simbologie.

I commenti che accompagnano il percorso sono stati scritti utilizzando i simboli Rebus, è possibile visionare i libri presso la Biblioteca dell’Università.

Potete lasciare le vostre impressioni sul libro che trovate lungo il percorso fotografico.

Re Maria